- Intervista -
Nel video si attraversano ambienti diroccati che racchiudono la città in spazi fatiscenti, si incontrano personaggi “all’angolo della vita”. Tutto accade in un luogo non localizzato, indecifrato.
Diciamo che questi personaggi sono spiati quasi per non essere disturbati. Il brano esalta la difficoltà e la diversità, esalta la forza e la “bellezza nascosta” della vita.
Ritieni che la musica possa essere uno strumento di protesta universale ?
Ritengo che la musica è senz’altro uno strumento di comunicazione diretto.
Dunque se trasmette amore, gioie delusioni o racconta storie, senza dubbio può raccontare anche storie di protesta.
Molte canzoni hanno fatto da colonna sonora negli anni di protesta. Non se l’autore però le abbia scritte per rappresentare la protesta. Ma le canzoni si sa, una volta scritte e pubblicate diventano di tutti. Quindi anche strumenti di protesta.
L'esigenza di raccontare situazioni difficili specchio di una realtà non più "pulita" quando nasce ?
Nasce dal fatto di non fermarsi al primo sguardo. Ma scavare dentro qualsiasi tipo di situazione, che sicuramente nasconde cose all’apparenza, solo all’apparenza offuscate. Per scelta, per necessità, per disgrazia. Sono sempre stato attratto da situazioni marginali, forse per il semplice fatto che le trovo più interessanti di situazioni comuni ”standard” dove non ci trovo nulla di interessante da raccontare attraverso una canzone.
Quando componi i tuoi testi a chi ti piace ispirarti tra i cantautori della musica italiana e non ?
Tutti credo prendono spunto da autori che li precedono. Io sono cresciuto ascoltando in casa De Gregori, De Andrè, Rino Gaetano, Dylan, Neil Young, Cohen e altri. Mi hanno dato tanto e sicuramente anche senza volerlo ho preso qualcosa da loro. Comunque credo che quando si scrive, c’è molto di personale.
Quanto conta l'immagine nel mondo della musica cantautorale ?
L’immagine va di pari passo con la musica. E’ fondamentale.
Parlando di live, meglio il contatto diretto con il pubblico nelle piazze o le atmosfere più raccolte dei teatri ?
Sia nelle piazze che nei teatri il contatto col pubblico è tutto.
Non credo che nelle piazze ci sia più contatto con il pubblico che nei teatri. Sicuramente il mio primo lavoro ha un atmosfera più teatrale, avendo una sonorità calda e pacata che da spazio per lo più alle parole. Ma il contatto con il pubblico è lo stesso.
Senza il pubblico il nostro lavoro non avrebbe senso.
Ascoltando l'album conosciamo Leo Folgori, ma chi è Leo Folgori ?
Leo Folgori è un ragazzo di campagna, in America un country boy, tutto un altro sound! No scherzo.
Sono cresciuto nel mio piccolo paesino ad est di Roma, Roviano, dove tutt’ora vivo. Abbastanza sicuro di me, ma nello stesso tempo timido ed ermetico. Dipende dalle stagioni, dal tempo o dalle situazioni che mi circondano.
Comunque nell’ album c’è già abbastanza.
Sia il video che le sonorità de “il ballo del serpente” danno a pensare ad un film western. Cosa ne pensi di questa tipologia di film ?
Adoro i film western.
Sono cresciuto con i film western, ho un Ranch ed un cavallo adesso, in passato ne ho avuti anche di più. I film di Sergio Leone sono dei capolavori, musicati dal più grande compositore di colonne sonore Ennio Morricone.
Ho voluto omaggiarlo in 2 brani. “Il ballo del serpente” e “ Altri Libertini”. Proprio quest’anno si festeggia il cinquantenario di “Per un pugno di dollari” un vero e proprio capolavoro.
L’Italia deve esserne fiera di aver avuto registi come Sergio Leone e di avere compositori come Ennio Morricone.
Credo sia giusto rendergli omaggio ed io, nel mio piccolo l’ho fatto. Sia nel videoclip che in due brani.
“Vieni Via” l'album d'esordio di Leo Folgori , è possibile che punti a spronare chi lo ascolta ad osservare ciò che lo circonda , evidenziando ed esaltando i pregiudizi ?
Diciamo che il disco vuole significare proprio questo.
Non fermarsi all’apparenza, ma scavare nelle macerie. Invita ad osservare attentamente ciò che ci circonda, denuncia pregiudizi ed indifferenza. Esalta le differenze come motore di bellezza, difende la libertà di poter scegliere ciò che si vuole essere, l’ importanza della personalità.
Invita a capire e ad essere disponibili nei confronti di situazioni solo all’apparenza lontane da noi.
Cosa credi manchi alla musica in Italia ?
La giusta attenzione.
Fare musica è un mestiere come tanti. Non basta prendere un prodotto orecchiabile e darlo in pasto alla gente. Si pensa ormai, come in tutto del resto, alla musica come una macchina per fare soldi.
La musica è ben altro. Non mi piacciono i talk show o le canzoni per l’estate.
La discografia italiana dovrebbe tornare a ricercare con cura negli scaffali. C’è molta musica in Italia che vale.
Poi giustamente il consumatore è sovrano e se fa una scelta, va rispettata.
Tra 15 anni dove ti immagini ?
Sinceramente ci penso solo ora che ho ricevuto questa domanda. Non so… lasciamolo al destino.
Leo Folgori & Band – Luca Manoni: Oltre la strada (Reading and Songs) che tipo di progetto rappresenta ?
Oltre la strada (Reading and Songs) è un progetto dello scorso anno, fatto insieme al mio amico d’infanzia Luca Manoni.
Ha rappresentato tanto per me, abbiamo portato in giro quello che poi, in forma ridotta è andato sul disco.
Una bellissima esperienza fatta di musica e parole.
Com'è nata la collaborazione con Niccolò Pagani per il tuo primo album ?
Devo molto a Nicolò Pagani.
Ci conosciamo da un po’, lui è cresciuto in un paesino a pochi minuti dal mio.
Quando gli ho parlato di quello che avevo in mente e se voleva aiutarmi negli arrangiamenti mi ha guardato abbastanza perplesso. Sarebbe stato il suo primo lavoro da arrangiatore.
Io però non avevo dubbi sulla sua capacità, sensibilità e umiltà con la quale avrebbe fatto questo lavoro. Un professionista vero, una persona speciale. Praticamente infallibile. Ed infatti, così è stato.
Lui nasce come bassista giovanissimo, poi contrabbassista. Studia tutt’ora nel conservatorio e suona con molte band, dalla New Talents Jazz Orchestra a Mannarino, ed insegna per altro alla Sonus Factory.
Insomma davanti ad un bicchier di vino, decise di curare la direzione artistica dell’album.
Ha scelto i musicisti, che devo doverosamente ringraziare ancora una volta tutti per l’impegno la professionalità e la disponibilità. Ha scelto i suoni, la profondità, i tempi. Insomma ha messo colore su una tela sporcata in principio solo da appunti in bianco e nero.
Nicolò Pagani ha dato tanto, gli va riconosciuto. Senza di lui questo disco non avrebbe visto la luce.