Eugenio Squarcia: Il Vuoto Pneumatico nasce da una drammatica coincidenza che all'alba dei tempi rende la specie umana dominatrice su questo pianeta, sospinta verso una indomabile evoluzione/rivoluzione, sull'orizzonte di una singolarità che forse ancora deve arrivare; padrona dell'impero della luce - la tecnologia - e al contempo schiava della propria supremazia, maledetta e destinata a trovare un senso nel vuoto che incede. Il vuoto pneumatico che è in noi, e si espande fuori da noi. Siamo ciò che scegliamo. Scegliamo ciò che non possiamo evitare. O forse si? La società dei pagliacci di vetro: trasparenti come le banche, sorridenti come lo show business. Dannati. Derisi. Denudati. Noi tutti. E poi, se non potete fare altro, godetevi il resto, a più elevate angolazioni di piacere transmediatico. Oppure... cantate!
2. Il vostro nome trae la sua origine da uno spettacolo teatrale. Come mai avete scelto proprio questa rappresentazione drammatica? Di cosa tratta quest’ultima?
Giacomo Marighelli: Lo spettacolo di per sé non è del tutto drammatico. Nel finale la marionetta riesce a liberarsi, riesce ad esplodere dalla gioia. Lo racconto nella prima canzone, unica scritta e declamata da me: Vuoto Pneumatico. Lo spettacolo era un vero e proprio “effimero panico”: messo in scena una sola volta, nella totale anarchia degli “attori” che rappresentavano se stessi. In dieci minuti il palcoscenico veniva ribaltato. Io e Gianni seguiamo il più possibile il flusso di ciò che accade, nella vita e nella creatività. Quindi l'intero disco è nato in maniera del tutto naturale, senza vincoli, nella totale libertà nella quale abbiamo messo ogni singola nostra emozione del periodo della creazione dei brani. Inoltre i testi di Gianni parlano proprio di ciò che voleva raccontare lo spettacolo, del vuoto del società in cui viviamo, della prigionia e della libertà fantasma che ci circonda. Il primissimo concerto che abbiamo fatto con questo nome risale a Settembre 2013. Era una serata di improvvisazione, non avevamo bene idea di cosa sarebbe venuto fuori, volevamo fare uno spettacolo panico, e ci siamo riusciti: al terzo “brano” ci hanno interrotto perché le persone mentre stavano mangiando si sentivano chiamate in causa per via delle parole potenti di Gianni, viscerali, e il loro stomaco ne risentiva troppo di questa cosa. Qui il video della serata: http://youtu.be/QcqzvBS6Q6A . Nonostante tutto fummo apprezzati da una parte del pubblico. Da lì il nome è rimasto quello e ne abbiamo voluto fare un disco.
3. Il vostro stile può essere definito “poesia cantata”. Chi di voi due scrive i testi? A quali poeti e a quali gruppi musicali vi ispirate nella fase compositiva della vostra musica?
Gianni Venturi: I testi li ho scritti tutti io a parte il primo. A quali poeti m’ispiro? Un maestro è stato Roberto Roversi, che ha scritto la prefazione al mio primo libro di poesie: “Involuzione premeditata”. Un grande onore. Poi ovviamente tutta la Beat generation, Ginsberg primo su tutti. Ma anche altri poeti, Giapponesi per gli haiku, ma anche Ungaretti, Leopardi, Quasimodo, Rimbaud, e potrei andare avanti ore, sono ispirato dalla poesia più che dal poeta.
Giacomo: La fase creativa viene da sé, nessun sforzo e nessuna ricerca specifica. Tanti gli artisti che apprezzo da Alejandro Jodorowsky a Carmelo Bene, nella musica i Noir Désir, Nick Cave, Blixa Bargeld, Giorgio Gaber, Giorgio Canali e tanti altri.
4. Molti credono che la poesia nel mondo di oggi sia in decadenza, poiché la musica commerciale non dà luogo alla poesia vera e propria. Siete d’accordo?
Gianni: La poesia non è assolutamente in decadenza, ma il mondo privo di essa si, lo è! E comunque è sempre stata elitaria, la poesia non è per tutti, per il semplice motivo che pochi si prendono il tempo per capirla e amarla. La poesia è nobile, non fa nulla per avvicinarsi, occorre un grande impegno per gustare il nettare che viene dalla comprensione di un verso!
Giacomo: Credo che la poesia sia ovunque ci si guardi attorno. Tutto è poesia, la vita stessa. La poesia in sé non esiste: si è poesia.
5. I vostri brani presentano una curiosa miscellanza di suoni. In particolare ne “La Rete” si può sentire l’eco di un trapano, come mai queste scelte “inusuali” (e se c'è una spiegazione all'uso del trapano nello specifico)?
Giacomo: Non tutto deve essere spiegato, sennò si perde la magia del mistero. Il trapano è uno strumento che rappresenta “la costruzione”, “l'operaio”, “l'industria”. Mi è sempre piaciuto sperimentare, sarebbe bello in un futuro riuscire a suonare la chitarra collegata direttamente al corpo con il suono che però viene emesso dalla bocca del pubblico. Fantastico
6. Gianni è conosciuto poiché fa parte della band Altare Thotemico, Vuoto Pneumatico è stato in qualche modo influenzato da questo gruppo?
Gianni: No assolutamente, sono due mondi differenti che amo in modo diverso. Anche se con gli Altare siamo stati definiti: Jazz end Poetry…
7. Cosa ne pensate della cultura musicale italiana di oggi?
Gianni: Cosa ne penso del livello culturale della società…..Regredita all’interno di un selfie!
Giacomo: In fin dei conti cos'è la cultura. La storia insegnata nelle scuole in base alle proprie esigenze? Sarebbe più interessante se la storia la scrivesse ogni persona attraverso l'immaginazione. Ancora di più se nelle scuole facessero degli esercizi di immaginazione. Ecco: palestra di immaginazione.
8. La buona musica può cambiare il mondo?
Gianni: Cambiarlo no, ma contribuire a migliorarlo si! I grandi movimenti di cambiamento hanno sempre avuto una colonna sonora portante.
Giacomo: Tutto ciò che viene fatto contribuisce al mondo, l'importante è iniziare il cambiamento da se stessi.
9. Cosa rappresenta la donna della canzone “Fiore Uterino”?
Gianni: Non semplicemente la “donna”, ma il femminile nell’universo! Aumentare il femminile dentro di noi significa migliorare la terra in cui viviamo. Il femminile è la vita, l’energia creativa…Non occorre semplicemente essere donne o Gay, ma semplicemente lasciar scorrere il femminile che c’è nel cosmo nella nostra anima. Non ci sarebbero guerre, inquinamento e dolore. Questo è il mio pensiero. Il fiore uterino è un inno alla “Grande Madre!”
10. Quale il senso del pezzo “Aaaah”? Come mai avete abbinato un titolo “ridente“ a un testo di carattere abbastanza tragico?
Giacomo: La canzone in realtà non è del tutto così tragica. Anzi, ogni volta che la ascolto ci trovo un filo di speranza, di vita. Il finale in cui si scioglie il cuore di neve e si mette in libertà, verso la vita che fino a prima non aveva ancora conosciuto. Questa è la mia canzone preferita del disco, ogni volta che la ascolto o la suono mi emoziono.
11. Commentate il brano “Numeri Primi”?
Gianni: Per quanto concerne il testo, è un omaggio all’OM primordiale, al suono primo, alla vibrazione che ha creato la vita…Tutto vibra, la fisica stessa lo ammette, forse questa vibrazione, o suono primo è una sorta di Dio…chissà…
Giacomo: È una canzone che è nata in studio durante le registrazioni, diciamo una serie di casualità fortuite. Eugenio Squarcia (conosciuto anche come Moreau) ha composto svariati album di musica elettronica. Una sua canzone che si intitola “The Prime Number” la stavo ascoltando in quei giorni e mentre sistemavo la mia cantina (che è la sala prove) ho trovato un testo di Gianni intitolato “Numeri primi”. Il giorno dopo eravamo in studio e Gianni ci ha cantato su senza neanche averla ascoltata: sembrava nata apposta, perfetta alla prima registrazione.
12. Generalmente quando scrivete i vostri pezzi, le vostre esperienze personali entrano all'interno della canzone diventandone parte ispirante oppure viene tutto inventato?
Gianni: Ovviamente ed inevitabilmente il personale interiore ed esteriore si spande nel brano, dentro e fuori. Anche ciò che s’inventa fa parte del personale. Tutto ciò che facciamo, pensiamo, sogniamo è parte del personale nostro che diviene un personale universale.
Giacomo: Dentro il disco ci sono tutte le nostre emozioni di quel periodo, racchiuse lì e lanciate ora nel cosmo.
13. Di cosa parla il brano “A Tutte le Madri”?
Gianni: Della fatica d’essere donna, madre, sorella, sposa, femmina in un mondo divorato governato e violentato da maschi. Essere maschio non sempre è sinonimo di uomo. “Il tuo essere fiore di campo comunque che nebbia non sfiora” significa che la Madre nonostante tutto riesce ad essere pura come un fiore di campo. Per quanto mi concerne è anche un saluto alla mia di Madre…
14. Consigliate delle letture “stimolanti”.
Gianni: A parte tutta la poesia possibile ed anche di più! Riscoprirla, cibarsene, farsi amare e curare da lei….Ma soprattutto consiglio una lettura metafisica poco considerata, la lettura del grande libro della vita, la lettura di se attraverso la propria vita!
Giacomo: Circondarsi da persone positive, che apprezzate e dalle quali venite apprezzati, le quali si lasciano leggere senza timore e dalle quali ci si possa far leggere senza tremare.
Invece un libro cartaceo che consiglio sempre è “Psicomagia” di Alejandro Jodorowsy, se vi capita tra le mani non lasciatevelo sfuggire .