Intervista a CICO, frontman dei MaMaAFR!KA
Io e mio fratello Sly fino da piccoli, grazie ai nostri genitori e alle nostre sorelle più grandi, ci siamo intrippati con la musica e le storie dei gruppi storici più o meno dell'epoca hippy, quindi a una certa abbiamo sentito quel richiamo naturale di sentirci anche noi figli di quello spirito, così abbiamo incominciato ad esprimerci cercando sempre di più un nostro linguaggio personale per condividere ed espandere un certo tipo di messaggio positivo in cui crediamo.
Quando suonate la vostra musica, qual'è la vostra principale forza motrice?
Per quanto mi riguarda, cantare e suonare dal vivo, serve per creare unione tra le persone. Vedo il concerto come un rito magico collettivo. Inoltre è un modo per fare la mia parte dando quello che sento mi appartenga di più. Ciò che per me è importante, capisco sempre di più che è il trasmettere positività e dare una speranza attraverso l'atmosfera che si crea. L'idea del nostro concerto è quella di coinvolgere le persone in un turbine di sensazioni che portano ad un crescendo emotivo, in modo che tutti ci si lasci andare e che la festa diventi un mezzo per sentirsi singoli individui che fanno parte però di una comunità: se ognuno di noi riscopre piano piano il valore e la forza della socialità e della collaborazione, è uno dei passi verso un cambiamento in meglio. Comunque definirei le atmosfere che cerchiamo di creare, come un mix in equilibrio tra nostalgia, caos e speranza.
Sentite delle responsabilità ogni volta che vi esibite davanti ad un pubblico?
La responsabilità più grande è quella di riuscire ad avere prima di tutto il Rispetto necessario per la musica e poi per le persone che sono lì, cercando di non lasciarsi andare al proprio ego. Ogni volta che si sale su un palco, dopo tante volte che lo si è fatto, si capisce sempre di più come "il potere del palco" stia soprattutto in come ci si pone con la gente. Bisognerebbe sempre cercare di andare sul palco rilassati, concentrati per dare il massimo e pronti a mettersi in gioco, restando il più naturali possibile, godendosi la gioia di farlo, ma trasmettendo allo stesso tempo sicurezza e serietà alle persone. In quel modo si crea quell'importantissimo scambio di fiducia tra il gruppo e tutte le altre persone nel posto, compiendo un viaggio emozionante insieme, breve e intenso, che se fatto bene risulta fuori dal tempo, in un'altra dimensione. Inoltre la responsabilità è anche un'altra, quando come nella nostra situazione, oltre alla band c'è un gruppo di persone della crew and family con cui si lavora e di cui si rappresenta in un certo senso anche il pensiero quando si fanno i discorsi sul palco.
Il messaggio importante da dare alla altre persone e a se stessi, è che possiamo fare qualcosa di concreto per cambiare in meglio la nostra società! Ogni giorno attraverso le nostre scelte, aumentando ad esempio la nostra coscienza ecologica, ampliando le nostre vedute spirituali, mettendoci in discussione, cercando di essere a posto con le altre persone, studiando, cambiando idea, viaggiando, lasciandosi andare alla bellezza della vita, sentendosi parte integrante dell'universo. Aprendo la propria mente e il proprio cuore a determinati concetti, si potrà sicuramente avere un'opinione dettagliata e personale sulle varie argomentazioni e motivazioni che spingono il pianeta ad essere in pericolo, su chi sono i reali colpevoli e su che cosa possiamo fare noi come Popolo, a livello umano e sociale.
Qual'è la vostra idea riguardo la scena reggae italiana?
La scena reggae vive e rinasce in nuove forme, continuamente. Ogni paese del mondo ha la sua, chi più giovane, chi più vecchia. A volte la rovina è nelle mode che passano nel giro di pochi anni. Ad esempio la scena ragga, dancehall, rap di adesso non mi rappresenta, nè per il sound nè per le argomentazioni. Adesso la freschezza e la vibrazione che mi mette in pace si trova forse più nell'area soundsystem, dub, digital-dub, che mi sembra raccogliere più quel vecchio senso vicino al roots che ha avvicinato quasi tutti noi al mondo del reggae. Oggi come oggi ci sono anche tantissimi gruppi in più rispetto a prima, ma molto meno spazio. Le scene regionali sono molto forti, a livello nazionale è difficile venire fuori. Noi veniamo dal reggae o comunque dalla black music, ma abbiamo sempre contaminato il sound e ora come non mai, senza abbandonare però chiarissimi elementi (tipo il bassone di Sly!!!) che riportano al reggae, che è ancora oggi la musica che io amo di più.
Per quanto riguarda i Mama Afrika, quanto è importante per un'artista (e quanto lo e è per voi, in quanto tali) raggiungere un proprio stile, distinguendosi dagli altri?
Per noi è fondamentale, non tanto per il fatto di distinguersi dagli altri, quanto proprio per un'istinto di coerenza. Alla fine ognuno di noi, come in tantissimi altri gruppi, ha davvero ascoltato un po' di tutto, robe diversissime tra loro, quindi mixando è inevitabile creare un proprio stile, che magari ricorda quello di qualcuno per certi aspetti, ma per altri, andando avanti, diventa sempre più personale, trovando proprio incastri alchemici di ritmi e melodie che diventano parte del proprio linguaggio. Credo che sarebbe bello che ogni gruppo trovasse una propria identità mutevole, rispecchiando i vari lati del proprio carattere, senza avere paura di contraddirsi.
La Piantina è una canzone semplice ed impegnata. Non è stato facile trovare il modo di dosare le due cose. C'è voluto un bel po' per scrivere il testo e trovare le parole più giuste per essere appunto semplici, chiari e diretti, non lasciando spazio ad incomprensioni. Il ritornello-tormentone è un frammento di un pezzo scritto da Sly anni fa, il resto delle parole le abbiamo messe io e Jovine, e anche se abbiamo lavorato a distanza siamo riusciti ad entrare in sintonia toccando alcuni punti chiave dell'argomento. Il piacere di avere ricevuto i complimenti da chi effettivamente si cura con i principi attivi derivati dalla canapa e di collaborare con associazioni e situazioni che promuovono l'uso medico e si sentono rappresentate da questa canzone, è una cosa che da una soddisfazione immensa, ed è solo l'inizio del coronamento di un sogno comune a tanti e che diventerà sempre più realtà. Sono sicuro che le nuove generazioni saranno pronte per cambiare le cose e scegliere definitivamente di non avvelenarsi ma scegliere la natura. Con la canapa si può fare tutto, dall'energia, ai vestiti, da cure naturali al cibo, dal semplice divertimento allo sballo. La Canapa è naturale e fa bene, non può essere illegale. Anche solo ad esempio se uno pensa ad un cannone, la parte che fa male ed è cancerogena è la combustione della carta e del tabacco, l'erba di per sé, alla temperatura giusta, da sola non è nociva. Sarebbe giusto che chi ne ha bisogno e chi vuole, la possa utilizzare, senza rischiare di avere problemi con la legge e senza alimentare i guadagni del mercato nero e l'abuso delle mafie (la legge...). La legalizzazione è quello che vogliamo, per ora: Viva i coltivatori indipendenti e i piccoli commercianti!
Concluderei con una domanda su di te, perché ho notato spulciando un po' online che te praticamente stai sempre in giro a suonare, fai persino apparizioni in tv, sei un bravissimo cantante e militi in numerose band: mi vuoi parlare un po' di te per un attimo e di tutto questo che ti ho detto nella domanda?
A me piace vivere la vita cercando di stare in giro e fare cose che mi fanno stare bene e mi fanno sentire vivo, quando sono positivo, mi accorgo dell'immensa fortuna che ho nel farlo, senza vincoli e senza limiti. Faccio musica per una passione istintiva e tutto quello che mi è capitato di bello e di brutto da un certo punto in poi nella vita, è sempre collegato strettissimamente a lei. Ho collaborato con un sacco di bravissimi artisti, strane persone, bella gente, in situazioni e generi di tutti i tipi. Ultimamente oltre ai MaMaAFR!KA, sto suonando e registrando un nuovo disco con i Bundamove, funk machine salentina da paura, e facendo serate electroswing/rap-a-muffin in Germania come mc degli Swingin' Junky Company, insieme a Dj Farrapo e Big Mena, il nostro chitarrista. Se ho un obbiettivo per il futuro ora come ora è quello di continuare a girare il mondo e fare concerti in più posti possibili. Mi piace suonare ovunque, dipende dal momento, nei bar, nei centri sociali, nei club, nelle piazze, nelle spiagge, a volte capita di andare anche in televisione, ma lo spettacolo dei MaMaAFR!KA è comunque pensato più per il tipo di atmosfera trasversale che c'è nei festival. Ora stiamo lavorando ad un nuovo disco, anche adesso mentre sto rispondendo a queste domande, sono in StudioD20 mentre Ventur sta remixando una traccia.... forse il prossimo album si chiamerà "L'Hora Brava", titolo-citazione di un mitico libro su Tonino Carotone scritto da Federico Traversa che ha scandito per un po' i ritmi di viaggio di uno dei nostri tour estivi. Forse si chiamerà in un altro modo, ma di sicuro sarà il riassunto sudato e allucinato dell'ultimo anno passato tra notti infinite e storie intense.
Ciao ed alla prossima!
Grazie Marche!
Grazie Point & Comma Music!
Cico