Ecco le 5 domande :
# Cosa ne pensi della musica riprodotta oggi , dalle radio italiane ?
# Quanto influisce il fattore major ed il fattore etichetta indipendente ?
# Riguardo il tuo progetto artistico , che rapporto personale hai con le radio ?
# Ci sono mai stati dei casi in cui è stato rifiutato qualche tuo brano per il testo un po' poco commerciale o un po' troppo realista su delle tematiche sensibili e/o forti ?
# Per concludere se hai un'opinione personale da darci in riguardo all'argomento ..
Onestamente credo che la musica italiana si sviluppi secondo un doppio binario. Mi spiego: ci sono due circuiti "paralleli", che sfruttano canali di distribuzione/promozione/fruizione diversi, e che convivono più o meno pacificamente e con alcuni punti di contatto. Per questo non credo ci sia competizione tra -esempio un po' a caso - Verdena e Alessandra Amoroso, da nessun punto di vista, entrambi lavorano in circuiti autonomi. Poi ovviamente le etichette e gli uffici stampa aiutano a creare punti di contatto, a fare in modo quindi che i Tre Allegri Ragazzi Morti passino su Radio Deejay o cose così, ed è sempre una cosa bella quando succede, perché c'è un po' di sorpresa e un po' di "elettricità". Ci sono anche radio "illuminate" da questo punto di vista, ci sono tanti programmi - dalle radio commerciali a "mamma Rai" - i cui conduttori hanno il gusto per la scoperta delle band indipendenti. Non ci è mai stato rifiutato un brano espressamente per le sue tematiche, ma sai, il reggae è considerato un genere poco importante in Italia, e questo basta spesso a tagliarci fuori da circuiti promozionali di un certo tipo. Ma la cosa che ci piace è stare sul palco e tra la gente. Ecco, quella non manca!
Per quanto riguarda il mio progetto solista , The Sleeping Tree , ho avuto qualche emozionantissimo passaggio in Rai e sono stato a Stereonotte a fare un mini live. Ma non è musica molto radiofonica, la mia ehehe .
Molto brevemente anche se sarebbe stato da approfondire un pò: "Il mondo della radio è un pianeta che, dal mio punto di vista, non mi ha mai troppo arricchito a livello di cultura musicale poiché, pur essendomi impegnato a seguire alcune stazioni per un periodo prolungato della mia vita diversi anni fa, non ho quasi mai incrociato ascolti che potessero attirare la mia attenzione, sia per quanto riguarda il messaggio del testo né tantomeno della musica strumentale in se. Allo stato attuale, soprattutto oggi rispetto ad alcuni anni fa, quando si parla di radio inevitabilmente il mio pensiero corre alla parola business e quindi diventa logico e banale che quello che viene trasmesso, nella maggior parte dei casi, sia caratterizzato da un cerchio chiuso in cui, discografici e radio, diventano una sola cosa che crea mercato e influisce sull’eventuale scelta dell’individuo. Il fatto che se un gruppo od un artista viene passato numerose volte durante il giorno, viene elogiato dallo speaker radiofonico più e più volte, crea un fenomeno irreversibile nelle maggior parte delle persone dove il risultato è quello di pensare: “Questa radio passa musica bella ed interessante” e conseguentemente “ Questo gruppo è fortissimo, andrò a comprarmi il disco”. Per quanto mi riguarda i gruppi che seguo e le cose che ho conosciuto nel tempo le sono sempre andato a scovare da solo, senza essere troppo influenzato da radio o riviste. Credo che la curiosità di scoprire e di farsi una propria idea senza essere influenzati sia alla base di ogni buon ascoltatore, nella musica come in generale nella vita. Per quanto riguarda il discorso major e etichetta indie oggi io faccio sostanzialmente una considerazione: possiamo affermare che gente come i Ministri o il Teatro del Orrori siano band indipendenti? Io credo proprio di no. Il confine tra queste due realtà si è molto assottigliato da un parte ed è ingigantito da un'altra: mi capita di andare in locali colmi di persone per band che vengono denominate come indipendenti e, allo stesso tempo, vado a vedere concerti di gruppi onestamente indie dove il pubblico si conta sulle dita di una mano. Questo processo viene poi applicato automaticamente ai social, alla radio e a tutto il seguito in generale che una band può avere o ha. In conclusione, se c’è una progettazione che parte da lontano e mira ad un obiettivo, se c’è gente che è ben influenzata su quello che deve ascoltare, mediante radio, social, riviste e quant’altro, io non trovo molte differenze tra Ligabue e i Ministri, se non nel nome e in parte nella musica. Dal punto di vista personale, con il mio gruppo, i Kaleidoscopic, non abbiamo mai trovato casi in cui una radio abbia rifiutato un nostro brano anche perché, ad essere sincero, sono girati, non credo neppure tante volte, su qualche web radio che comunque ringrazio per lo sforzo e per l’opportunità che ci hanno concesso con questa loro gentilezza (dato che nè noi nè loro ci abbiamo guadagnato nulla). Generalizzando, soprattutto nel periodo di censura che stiamo vivendo, credo che si siano sicuramente verificati episodi in cui, alcuni artisti, possano essere stati penalizzati dal fatto di non suonare musica commerciale o di rendere espliciti argomenti sensibili, soprattutto per l’opinione pubblica, perché la gente, credo, che abbia bisogno e voglia di pensare e ragionare. Ma il più delle volte la verità risulta essere scomoda, soprattutto in questo paese."
- Per quanto riguarda la musica riprodotta oggi dalle radio commerciali italiane, in generale il livello è abbastanza basso. Da un punto di vista qualitativo, si va alla ricerca del tormentone, o alle volte lo si crea direttamente, trasmettendo la stessa canzone molte volte al giorno. Spesso le radio sono pilotate direttamente dalle major che pagano per avere in onda i loro artisti di punta. Ci sono delle radio che si salvano, come radio 2, radio popolare o radio città futura, che hanno una bella programmazione e molto spesso danno voce agli indipendenti.
- La principale differenza tra major e etichetta indipendente sta nel fatto, che la major fa della musica un'industria, un mezzo su cui investire capitale per creare un profitto. Nello specifico, non c'è niente di sbagliato in questo discorso, fino a quando la musica non si trasforma in merce. Quando la musica si trasforma in merce, non la si può più chiamare "arte". La musica non è più una forma d'arte, ma semplicemente diventa un prodotto industriale di massa. Le etichette indipendenti, invece, mettono al primo posto il discorso qualitativo, dando maggiori libertà agli artisti di esprimersi come vogliono. Lo stesso discorso viene riproposto in radio per cui le radio "commerciali" proporranno i pezzi che gli garantiscono introiti maggiori, mentre nelle radio che privilegiano la qualità è molto più facile trovare musica meno "famosa".
- Il nostro rapporto con le radio è abbastanza buono. Fino ad oggi siamo stati ospiti in parecchie webradio, oltre alle già citate Radio Popolare e Radio Città Futura. La nostra attuale etichetta, Bassa Fedeltà, ci ha scoperto proprio tramite la radio, quindi è uno strumento a cui siamo molto affezionati anche per un discorso "biografico".
- In generale non è il nostro caso, proprio perchè non siamo una band da radio commerciale. Ci passano le radio più "alternative", quindi è un po' difficile che ci rifiutino per i testi. Però abbiamo avuto dei problemi a causa del nostro nome. Problemi che hanno infatti contribuito alla decisione di cambiarlo da The Fucking Shalalalas a The Shalalalas. Oltre a vari intoppi di sponsorizzazione sul web è successo che la radio di un college americano ha trasmesso qualche pezzo del nostro primo EP ma senza poter dire il nostro nome!
- In conclusione pensiamo che la radio è ancora oggi, nonostante l'avvento di internet, uno strumento molto importante capace di creare delle "mode" musicali. Sta poi al pubblico sapersi muovere attraverso la grande offerta radiofonica e per offerta radiofonica parlo anche di webradio (in questo caso direi grazie e non nonostante l'avvento di internet) che sono tantissime e molto spesso hanno una programmazione molto valida e accurata.
1- Le radio italiane, i network principali sono davvero poco coraggiosi. Questa è la mia idea. Passando da una frequenza all'altra si casca sempre nei soliti ascolti, ad eccezione di quale isola felice dove qualche programma viene dedicato a musica "alternativa", di nicchia, ma sono davvero rare occasioni. Il meccanismo della hit, il 'singolone' appiattisce ogni possibilità di varietà. La canzone del momento entra in alta rotazione su quasi tutte le emittenti e di consegnuenza il nostro ascolto è pilotato da queste scelte dall'alto.
2-Credo influisca molto specie delle emittenti grosse. Esistono contatti diretti tra selezione artistica delle radio e etichette discografiche major che rendono praticamente ovvi certi passaggi. Le etichette indipendenti devono sgomitare decisamente di più Chiaramente le porte sono aperte, soprattutto se si trovano selezionatori di musica appassionati e curiosi all'interno delle emittenti.
3-Il mio progetto artistico ad oggi ha fatto chiaramente fatica a trovare spazio nelle radio per una questione di genere. Ci sono sei canoni entro i quali una canzone deve stare per poter entrare in rotazione, canoni di durata e di sound. Il mio sound è sempre risultato troppo "strong". L'unica canzone del mio disco che infatti è entrata nella playlist di un network (Virgin Radio) è una ballad.
4-No. La motivazione di un rifiuto è sempre stata collegata al sound troppo "rock" e non ai testi
5-La mia non è un opinione ma un consiglio: dovremmo iniziare a curiosare di più tra le web radio, che hanno la possibilità di trasmettere quello che vogliono ma che chiaramente , ad oggi, con ascolti bassi e zero sponsor, fanno fatica a sopravvivere. E poi mi auguro che le radio tradizionali abbiano la capacità di stare al passo con i tempi, anche musicalemnte, dando spazio a realtà che "on the road" spaccano ma che non trovano spazio in FM.
Chi da bambino non ha mai sognato di udire la propria voce uscire dalle casse della propria auto. Poi però crescendo capisci che non è esattamente un gioco da ragazzi entrare dentro quella scatolina.
Il mercato discografico italiano odierno è praticamente morto, e in questa commedia all’italiana, la radio non è altro che uno specchietto per le allodole attraverso cui le major continuano a svolgere il loro ruolo decennale di burattinai.
La musica riprodotta dalle radio italiane semplicemente, oggi più che mai, non è Musica, è una discarica a cielo aperto da cui vengon fuori prodotti confezionati ad hoc per soddisfare le esigenze emotive dell’ascoltatore medio. Sole, cuore, amore ed il gioco è fatto.
Questo meccanismo del pesce-grande-mangia-pesce-piccolo vale ovviamente sia per il circuito delle radio (intendo quelle che puoi ascoltare tranquillamente dall’autoradio, nei centri commerciali o nelle sale d’aspetto), che per la televisione e i vari talent show (più show che talent..). Poi guardi Sanremo e inizi a preoccuparti di te stesso quando capisci che tra quella marmaglia di vecchi reperti archeologici e ragazzini diventati precocemente big, quasi cominci a rispettare Nek.. ovvero colui che insieme ai vari Gigi D’Alessio, Laura Pausini, il Volo, tanto per citarne qualcuno, rappresentano i portabandiera contemporanei della musica italiana all’estero! L’orecchio umano è ricettivo al materiale che gli viene propinato, ed è chiaro che a furia di ascoltare sempre e solo la stessa roba(ccia), alla fine finisci addirittura per apprezzarla o quantomeno a non percepirla come un qualcosa di anormale diciamo. Quindi certo non possiamo stupirci se i Modà o i Dear Jack riempiono gli stadi.
Sicuramente da qualche anno a questa parte il sottobosco della musica underground sta lentamente emergendo, soprattutto sulla scia dell’uso fisiologico che ne facciamo dei social network e in generale di internet. Ma il paradosso sta proprio qui, esiste una linea di confine oltre la quale l’indipendente cesserebbe di essere tale per diventare inevitabilmente main stream, qualora quel confine venisse varcato. Non possono esservi compromessi: rimanere in un punto di mezzo non significherebbe altro che morire né carne né pesce ucciso dalle proprie mani.
Tutto ciò che è “commerciale” (e commercializzabile) deve necessariamente rispondere a canoni, stilemi e regole che rappresentano la bibbia di ciò che io chiamo generalmente il Mercatino del cervello usato. Tuttavia il vero artista indipendente che vuole scientemente rimanere tale, al momento della scrittura del brano la radio non la prende minimamente in considerazione, o perlomeno la reputa un fattore secondario, di conseguenza la parola “cazzo” non sarà mai un problema se quel cazzo è necessario alla sintassi del verso. Poi magari ci prova ugualmente anche a mandarlo alla grande radio, o al massimo sceglie un pezzo più fruibile che ha maggiori possibilità. Ad ogni modo parliamo di un discorso a sé stante, considerato che quando associamo il mondo indipendente a quello delle radio, ci riferiamo sempre a circuiti dal raggio limitato, che hanno una programmazione più di nicchia e di conseguenza libera, quali possono essere le reti universitarie o le webzine musicali, che a confronto hanno tuttavia una cassa di risonanza estremamente minore. E in questo contesto il discorso di una eventuale censura o inadeguatezza dei contenuti riguarda solo relativamente le grandi radio, poiché nessuna di queste passerà mai (n.b. in rotazione, non una tantum) un brano di una band sconosciuta ai più: i passaggi radio sono collegati a tutta una serie di meccanismi, introiti Siae e compagnia bella, pane che viene ripartito in un tavolo dai posti limitati..
Per quanto riguarda il Management e le nostre canzoni, noi non ci siam mai posti particolari problemi a riguardo. Io credo che in musica la coerenza non sia strettamente necessaria, piuttosto ritengo importante la sincerità nello esprimere le proprie intenzioni. Siamo una band che si diverte a provocare, una band che si è letteralmente calata le braghe in piazza S. Giovanni davanti a 700mila persone e che è stata denunciata per aver semplicemente innalzato un preservativo a mo’ di ostia. Questo è emblematico di quanto bigottismo ed arretratezza mentale ci sia ancora in Italia, anzi direi piuttosto terrorismo mentale. E basti pensare che il videoclip del nostro primo singolo radio “Sei tutto il porno di cui hai bisogno” è stato censurato in rete dopo appena tre giorni. E sinceramente mi aspettavo durasse anche meno. Per inciso il videoclip era un montaggio di alcune riprese effettuate durante il Misex di Milano per un documentario d’autore con Riccardo Schicchi, nulla di scandaloso tanto quanto i quotidiani culi al vento delle veline di striscia la notizia. Ecco questa è l’Italia, il paese delle veline e dei mandolini.
Ultimamente, con l’evoluzione dei dispositivi tecnologici, della connettività e accessibilità ai contenuti web, ha preso piede il fenomeno delle radio-streaming (vedi Spotify e simili) concetto che teoricamente un artista dovrebbe ripudiare a priori, visto che i guadagni in termini di royalties su queste piattaforme sono pressoché inesistenti. Tuttavia, dal mio canto mi sento di appoggiare questo metodo di diffusione della musica, perché con un semplice clic hai la possibilità e soprattutto la facoltà di ascoltare e scoprire tantissime realtà musicali. Fondamentalmente è come se fossimo in un enorme supermercato dove trovi sia i bastoncini della Findus che quelli “taroccati”, che poi scopri magari essere anche più buoni di quelli più blasonati. Di positivo v’è che si innesca tutto un processo di following, un flusso e un interscambio di idee e prodotti artistici un tempo inimmaginabili. Una volta eri fortunato se avevi 10 mila lire e la possibilità di comprarti un solo cd al negozio, dopodiché eri costretto ad ascoltarlo per un mese intero, e se non ti piaceva non potevi nemmeno ridarlo indietro. Oggi invece la digitalizzazione della musica, se da un lato ha ridotto sensibilmente l’attenzione verso i tanti progetti musicali e la qualità sonora delle tracce audio, parimenti ha aperto un universo parallelo tutto da scoprire e.. in fin dei conti si ritorna tutti un po’ ugualmente più piccoli. E allora poco importa se un album non si sente alla perfezione come appena uscito dagli studi di Abbey Road. Così, ogni tanto è bello svestire i panni dell’artista per indossare quelli di semplice amante della musica, che nella sua visione romantica, è Sentimento, è Emozioni, e le emozioni si provano e appartengono a tutti, non si comprano.