INTERVISTA AI MAMMOOTH
Dobbiamo davvero risalire al periodo Cambriano. I MAMMOOTH, nelle figure di Fabio (tastiere) e Riccardo (voce e chitarra), esistono dal 2001 e quindi è davvero complicato parlare di un prima, soprattutto perché non ce lo ricordiamo, sai, l’età…. Ti posso dire che abbiamo cambiato più volte pelle. Nella prima parte della nostra carriera abbiamo deciso di dedicarci molto di più alle colonne sonore, alle sonorizzazioni, al sound design. MAMMOOTH oltre ad essere una band è soprattutto un team che produce suoni legati alle immagini. E in questo senso sia io che Fabio abbiamo lavorato insieme e separati. Ogni tanto rompiamo il silenzio ed usciamo con un lavoro sulla lunga distanza. Da BACK IN GUM PALACE a EAT ME, DRINK ME molta acqua è passata sotto i ponti. Abbiamo ultimamente allargato la line-up includendo Cristina Carlini (percussioni e loops) e Nicola De Amicis (basso) e questo ha prodotto non solo un cambio di prospettiva sui live, ma anche sulla composizione. Cristina e Nicola a loro volta suonavano insieme in altri progetti. La loro intesa ha fatto bene ai Mammooth perché si è inserita perfettamente in quella pre-esistente tra me e Fabio, che abbiamo sempre curato scrittura e composizione. Oggi la situazione è decisamente più liquida.
2 - Quali sono i pro ed i contro dell'essere un musicista?
Potrei dirti che fare il musicista di professione nel 2015 sa di atto eroico. Soprattutto se sei in quella fascia che una volta si chiamava “indie” e oggi non si capisce bene cosa sia diventata. Anche noi musicisti e produttori facciamo molta fatica ad interfacciarci con un mercato sempre più stretto e incomprensibile. Il pro quindi è la passione e l’amore con cui continuiamo a fare questo mestiere. Il contro è che non basta più essere “solo” musicisti ma bisogna diventare esperti di social, marketing, strategie, promozione e questo toglie attenzione all’unico vero prodotto di cui ti dovresti occupare: la musica.
3 - BACK IN GUM PALACE risale ormai a 5 anni fa. Vedendolo con occhio più maturo, con esperienza maggiore ecc. cambiereste qualcosa oppure è un lavoro anch'esso al quale vi ci siete dedicati con il massimo delle possibilità e quindi è giusto che rimanga così?
Per carità, stai parlando con dei luridi “perfezionisti” e quindi ti rispondo che alcuni brani sicuramente li produrrei o arrangerei in maniera diversa. Ma complessivamente ancora oggi siamo molto soddisfatti di come suona quell’album. Ci sono pezzi come WHAT A MESS, KEY6, GOOD NEWS o SKETCHES OF A PERSONAL WAR che trovo ancora bellissimi e che riproponiamo dal vivo ancora oggi mentre il resto è sicuramente parte attiva del nostro passato ma è anche un sound che abbiamo superato.
Intanto grazie. Siamo felici che ti sia piaciuto. E’ una album che vive di un concept di fondo che è legato al tema della rinascita. L’altro tema dei testi dell’album è invece la sopravvivenza del contatto fisico (simboleggiato dalle due mani che si stringono sulla cover dell’album) come unica speranza in un mondo dominato dall’invadenza tecnologica e dalla spersonalizzazione dei rapporti umani. Mangiami, bevimi, toccami se mi vuoi sentire. Un po’ 1984 di Orwell, un po’ L’UOMO CHE FUGGI’ DAL FUTURO di Lucas per dirlo con un romanzo. Per noi “EAT ME, DRINK ME” rappresenta una seconda vita artistica. Usare l’elettronica come unica impalcatura dei pezzi è stata una scelta importante che ha cambiato le carte in tavola del nostro sound. È ancora presto per fare un bilancio ma siamo ancora tremendamente orgogliosi di “EAT ME, DRINK ME”.
5 - GIRL IN THE WELL, è un brano prettamente elettronico, con una storia molto particolare: l'omicidio di una donna con il punto di vista del killer. Strano a dirsi ma da una melodia come quella nel brano non si direbbe che il pezzo avesse un tema del genere. Quindi ci spiegate un po' i punti d'incontro tra i due elementi: melodia e testo?
Ho scritto (Riccardo) GIRL IN THE WELL pensando al disco “MURDER BALLADS” di Nick cave in un periodo in cui stavo lavorando alla colonna sonora dello spettacolo “OCCIDENTE SOLITARIO” con Claudio Santamaria che si svolge in Irlanda. E in particolare “WHERE THE WILD ROSES GROW” il duetto con Kylie Minogue parla proprio di un omicida che racconta in stile “romantico” il modo in cui uccide la donna di cui è malatamente innamorato. Con GIRL IN THE WELL è lo stesso. Amo molto i contrasti e in questo caso la dolcezza malinconica della melodia mi sembra che si sposi molto bene con la lucida follia del racconto. Il tema dell’amor-fou è centrale in ciò che scrivo, mi affascina moltissimo.
Non a caso l’abbiamo scelto come singolo. Il brano, a differenza degli altri su cui abbiamo lavorato in 2 o in 3 per svilupparli e che hanno avuto una lunga gestazione, è nato in mezz’ora davanti al computer. Ho acceso, creato il loop avendo in testa un blues, ma usando i beats della minimal techno. Poi ho suonato le chitarre. Ho scritto il testo e l’ho cantato. Tutto è uscito come se il pezzo fosse già stato scritto e pensato così. Avevo in testa PJ HARVEY, TOM WAITS e THE AVENERS e penso che tutte queste cose escano fuori dalla resa sonora. Ogni tanto, fortunatamente, capita.
7 - Con CITY chiudete un album pieno di patos, è palese . Miglior brano di CITY non poteva esservi come cancello, chiuso, di questo vostro lavoro. Quindi eravate intenzionati sin dall'inizio di posizionare nella scaletta il brano come end-song dell'album oppure magari è nato per necessità?
CITY è la perfetta chiusura ma non nasce per quello. Ci rendiamo conto che le tracce compongono un puzzle ben riuscito solo quando le mettiamo una accanto all’altra nell’album. Li decidiamo anche cosa è dentro e cosa fuori.
8 - Una domanda che spesso chiediamo alle band che intervistiamo è l'uso della lingua nelle loro canzoni. Per quale motivo avete scelto l'inglese per esprimervi? Alcuni affermano sia un mezzo per espandere maggiormente le possibilità di mercato, altri invece dicono che è solo più semplice per la loro persona. Voi che ne pensate?
Crediamo che sia un po’ tutte e due le cose. Mi permetto di aggiungere che cantare in inglese è anche un ottimo modo per mascherarsi, soprattutto in Italia dove per molti ancora la lingua d’Albione è ancora oggetto del mistero. Voglio dire che ultimamente ho cominciato a scrivere e cantare in italiano e l’unica differenza che vedo non è tanto per me artisticamente, quanto per il pubblico che recepisce immediatamente il contenuto del mio testo senza alcun filtro.
9 - In generale, come vengono prese le decisioni all'interno dei Mammooth?
E’ un processo “abbastanza” democratico, anche se io (Riccardo) occupandomi a tempo pieno di musica, a differenza degli altri membri che fanno anche altri lavori, sono quello che “deve” prendere necessariamente alcune decisioni e occuparsi dell’aspetto, per così dire, promozionale di tutta la faccenda.
Siamo convinti che in Italia sia sempre mancato il “coraggio” per investire in progetti nuovi o artisticamente di rilievo. È una vera e propria malattia. L’industria discografica aveva la grande opportunità di ripartire da zero e inventare nuovi modi di veicolare il prodotto musica dopo il disastro commerciale avvenuto con l’arrivo della rete. Magari ci sarebbe voluto un po’ più di tempo, ma il risultato a lungo termine sarebbe arrivato. Invece si è agito in maniera miope puntando su prodotti usa e getta, sui talent come fucina di nuovi interpreti, ma non di nuovi autori. Grattare il fondo del barile senza progettare niente per il futuro. Così si rischia di morire. Quindi, per risponderti, crediamo che non si tratti di temi in particolare che vanno trattati piuttosto che altri, ma di “coraggio” da parte di chi investe in questo settore e di meno “provincialismo” da parte di chi suona e produce.
11 - Credo sia prematuro parlare di progetti per il futuro, ma avete già qualcosa in mente?
Abbiamo un film in uscita a settembre di cui abbiamo realizzato la colonna sonora “L’ESIGENZA DI UNIRMI OGNI VOLTA CON TE” di Tonino Zangardi con Claudia Gerini e Marco Bocci. Un gran bel lavoro di cui andiamo fieri. Quindi immagino che finita la promo dell’album cominceremo la promo del film. Poi abbiamo un grande concerto il 31 luglio a Villa Ada a ROMA in cui incroceremo i nostri strumenti con la MEDFREE ORKESTRA, straordinaria band multietnica romana, suonando con arrangiamenti inediti i pezzi di “EAT ME, DRINK ME”. Ci sarà con noi sul palco anche il violinista ANDREA DI CESARE con cui collaboriamo da tempo e che è stato ed è collaboratore di musicisti importanti come FABRIZIO MORO, NICCOLO’ FABI e CARMEN CONSOLI. Insomma una roba impegnativa e una sfida stimolantissima.
12 - Una curiosità personale che vorrei mi sanaste: in che modo siete entranti in contatto con l'elettronica? Come avete scelto la strumentazione per la vostra band?
Fabio ha prodotto a metà dei ’90 alcuni vinili di HOUSE MUSIC per la DIG IT. Io (Riccardo) sono sempre stato un appassionato del genere. Anche Cristina è una divoratrice di dischi del genere. APHEX TWIN, BOARDS OF CANADA, ARCHIVE, AUTECHRE; MATMOS, MASSIVE ATTACK , solo per dirne alcuni, rientrano nei nostri ascolti e preferenze musicali. E’ venuto logico integrare le nostre sequenze, che dal vivo partono dalla ROLAND SPDX, con le percussioni che siano analogiche o elettroniche. Questa è l’impalcatura ritmica su cui dal vivo suoniamo voce, chitarra, synth e basso.